Questa sezione del Blog dal titolo Islamica è utile per completare ed integrare la preparazione all’esame di Storia dei Paesi Islamici.

I luoghi comuni sull’islam

I pregiudizi, gli errori ricorrenti, le “mezze verità” (da parte dei critici come degli apologeti dell’Islam)

1)    L’Islam è la religione degli arabi!
L’Islam nacque in Arabia, fu rivelato in lingua araba attraverso un Profeta arabo, Muhammad. I primi convertiti all’Islam furono Meccani, della stessa famiglia del Profeta – come la prima moglie, Khadìgia e suo cugino Alì – della cerchia dei suoi amici e di altri appartenenti alla sua tribù dei Quraysh. Oggi l’80% dei musulmani non è arabo. L’Indonesia è il più grande paese islamico del mondo, con 242 milioni di abitanti nel 2012, di cui l’87% musulmani, all’incirca pari al totale di tutti i paesi arabi messi insieme (dati dell’Istituto Geografico de Agostini). Seguono il Pakistan,che nel 2011 aveva 177 milioni di abitanti, di cui i sunniti erano il 75% e gli sciiti il 25%. Poi il Bangladesh, che nel 2011 aveva 142 milioni di abitanti, di cui i musulmani erano l’89%. Segue l’India, paese in buona parte induista ma con una minoranza islamica che supera i 100 milioni di persone. Ancora, la Turchia che nel 2011 aveva 75 milioni di abitanti, di cui i musulmani erano il 97%, e l’Iran,che nel 2011 aveva 75 milioni di abitanti, di cui il 98% musulmani. Nessuno di questi paesi è composto da popolazione araba.
Il più grande paese arabo musulmano è l’Egitto, con circa 81 milioni di abitanti nel 2012, di cui i musulmani rappresentano il 90%.
C’è inoltre da tenere presente che in molti paesi arabi ci sono minoranze di altre religioni, soprattutto cristiane, che risiedono lì prima dell’invasione arabo-musulmana. Già al tempo del Profeta, a Medina, abitavano tre tribù arabe di religione ebraica ed ebrei arabi erano presenti in tutta la Penisola arabica.

2)    L’Islam è una religione agli antipodi del Cristianesimo!
In più di un versetto del Corano si legge che Muhammad non è un “innovatore”. L’Islam infatti non si considera una religione nuova e, anche se alla lettera significa “sottomissione a Dio”, si autodefinisce come la rivelazione monoteistica non corrotta ed alterata, iniziata con Abramo e poi trasmessa attraverso una serie di profeti, tra i quali ci sono personaggi come Isacco, Giacobbe, Mosè, David, Salomone, Gesù, Giovanni Battista. Gesù è considerato, con Mosè e Muhammad, uno dei grandi profeti dell’Islam.

3)    Il Jihad è la guerra santa alla base dell’Islam!
Jihad significa “sforzo” per il consolidamento e la diffusione delle fede. Esistono due tipi di Jihad: il Jihad al-àkbar (grande Jihad), che è la lotta contro il male e le passioni che sono dentro di noi al fine della purificazione spirituale. Poi c’è il “piccolo jihad” che è la lotta per l’Islam (sua diffusione e difesa). Solo la lotta per la difesa della dar al-Islàm, il territorio musulmano dove vige la Sharìa, è obbligatorio per tutti i musulmani. Quest’ultimo ha anche un carattere bellico, mentre oggi in molti ambienti intellettuali, musulmani e non, si tende a presentare il Jihad essenzialmente come un atto di autopurificazione contro il male che si trova in ogni uomo (vedi ad esempio autori come Tàriq Ramadan). Non bisogna dimenticare che la prima grande espansione dell’Islam, che in un arco di poco superiore al secolo si espanse in tre continenti, dai Pirenei all’Indo, fu ottenuta manu militari , con una serie di campagne di conquista.

4)    I musulmani sono da sempre nemici degli ebrei!

L’Ebraismo è la religione più prossima all’Islam, il quale, per parte sua, considera Abramo come il suo primo grande profeta e che giudica la Torah come un libro che contiene una rivelazione autentica, la stessa che l’Islam considera alla sua base.. Tutti i Patriarchi dell’Ebraismo sono considerati profeti che hanno preceduto Muhammad. Diversi e contraddittori furono i rapporti con gli ebrei. Muhammad a Medina convisse con tre tribù ebraiche, che però non lo riconobbero come profeta ed in alcune occasioni collaborarono coi suoi nemici meccani pagani. Gli ebrei di Medina subirono una sorte molto dura: esiliati, resi schiavi, uccisi. Gli israeliti hanno vissuto in territorio islamico per oltre 1400 anni, subendo a volte discriminazioni, ma poche volte persecuzioni (specialmente in epoca almohade). Nella storia islamica non vi è nulla che equivalga all’espulsione di massa o all’inquisizione. Nessun ebreo nella dar al-Islàm fu mai giustiziato per eresia. Gli ebrei, in quanto “popolo del libro”, che si riteneva cioè avesse ricevuto una rivelazione autentica, godettero di grande autonomia in campo giudiziario, scolastico e religioso, con loro scuole, tribunali e luoghi di culto. Dovettero pagare una tassa per fruire della protezione garantita dallo Stato islamico, pur subendo una serie di discriminazioni ed interdizioni (cavalcare un cavallo, portare armi, esercitare determinati mestieri, ecc.), ma vissero integrandosi abbastanza bene con le comunità arabe egemoni. Solo con l’affermazione dello Stato laico in Occidente e con il suo sviluppo economico, conseguenza della rivoluzione industriale, molti ebrei lasciarono le terre sotto governi musulmani per emigrare in Europa.
Gli attuali problematici e aspri rapporti tra ebrei e musulmani sono soprattutto conseguenza della costituzione dello Stato di Israele e della connessa questione palestinese. Hanno quindi essenzialmente motivazioni politico-territoriali e non religiose.

5)    Le donne musulmane si sentono discriminate dall’Islam e vorrebbero un cambiamento radicale della loro condizione!
Da un’inchiesta fatta per il dipartimento di Stato americano, dalla Gallup, in 55 paesi musulmani, risulta che alla domanda rivolta alle donne musulmane, se si sentissero discriminate in quanto donne dall’Islam, la maggioranza ha risposto di no. Seppure molte aspirino ad un miglioramento della loro condizione femminile, quasi tutte auspicano che questo cambiamento avvenga attraverso e non contro la Sharìa, attraverso un’interpretazione più liberale e moderna della stessa Sharìa.

6)    Musulmani, cristiani ed ebrei credono tutti in uno stesso Dio!
Affermazione vera, ma solo in parte. È vero che tanto i cristiani che i musulmani, quando parlano di Dio, si riferiscono al Dio di Abramo, al Dio della Torah (Pentateuco), al Dio di Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè e Gesù. Questi personaggi sono considerati profeti in tutte e tre le religioni. Per un altro verso, però, già i primi cristiani con Paolo presero le distanze dagli ebrei, rimproverando loro una serie di presunte colpe: essenzialmente di non avere riconosciuto l’annuncio evangelico di Gesù e la sua natura di figlio di Dio. Allo stesso tempo accusarono gli ebrei di aver alterato i passi che annunciavano la venuta di Gesù.

7)    Non è un buon musulmano chi non crede in Mosè e Gesù!
Affermazione vera, ma ambigua. Mosè e Gesù sono per i musulmani due profeti dell’Islam, cioè della religione monoteista trasmessa da Dio attraverso una serie di profeti, ultimo dei quali è Muhammad. Credere che Gesù, come pensano i cristiani, sia “figlio di Dio, per i musulmani è una bestemmia. Gesù è “solo un uomo”, seppure un profeta.

8) L’Islam è la religione della Pace! Spesso i musulmani, soprattutto quelli che vivono in contesti occidentali, presentano l’Islam come una religione ed uno stile di vita del tutto pacifici ed alieni dall’uso della violenza e dal ricorso alla guerra. Quando sento queste affermazioni mi limito a porre una questione, la seguente: “Dopo circa un secolo dalla morte di Muhammad, l’Islam che era presente solo in una parte dell’Arabia, si era diffuso in tre continenti, dal nord dell’India all’Atlantico. Come è avvenuta questa espansione dell’Islam?”. Ovviamente attraverso la conquista e la guerra. Il Jihad non è solo “sforzo” per il miglioramento di se stessi, ma anche sforzo per la difesa e la diffusione dell’Islam.  

9) L’Islam è misogino! I luoghi comuni spesso sono di segno opposto. Sulle donne , ad esempio, ne esistono diversi, tanto da parte degli occidentali che dei musulmani. Molti europei sono portati a pensare che nell’Islam le donne siano discriminate e mantenute in una condizione di semi-schiavitù.  indubbio che in una società tribale come quella beduina gli uomini avessero una posizione di dominio e le donne fossero prevalentemente relegate nella sfera della famiglia e dell’allevamento dei figli. Con l’Islam, però si hanno una serie di miglioramenti della condizione femminile. Vengono ad esempio proibite le non rare uccisioni delle neonate, considerate un peso per la famiglia, pratica diffusa nell’Arabia pre-islamica. Le donne acquisiscono una serie di diritti patrimoniali, ad esempio di tipo ereditario. Viene regolato giuridicamente il matrimonio e il divorzio. Anche se in subordine all’uomo , le donne acquisiscono una serie di diritti, seppure persistono discriminazioni evidenti.

10) L’Islam rispetta e protegge le donne! Secondo alcuni musulmani l’Islam non sono non è anti-femminista, ma rispetta e tutela le donne. Ne tutela l’integrità fisica e morale, evita che diventino oggetti del desiderio maschile, ne protegge il pudore e la riservatezza. Per giunta, si potrebbe aggiungere, senza mai sentire il parere delle dirette interessate. È un dato di fatto che le donne siano secondo il Corano subordinate all’uomo, che non abbiano nessun ruolo politico, che siano discriminate sul piano ereditario. Nel Corano si giustifica la stessa punizione corporale , cioè le percosse, da parte del marito e in alcuni passi persino l’infibulazione è tollerata. In non pochi contesti arabi e musulmani ancor oggi le donne sono discriminate, spesso relegate fra le mura domestiche, affidate di fatto alla tutela/sorveglianza di padri, fratelli, mariti. L’accesso alle scuole, al lavoro, alle attività politiche e sociali in alcuni paesi islamici è fortemente condizionato, se non del tutto precluso alle donne.

11) L’Islam è sempre uguale a se stesso, sempre aggressivo! Quest’affermazione è il prototipo di tutti i luoghi comuni sull’Islam e consiste nell’equiparare l’Islam ad una sorta di idea platonica, un’essenza immutabile nel tempo e nello spazio, sempre uguale a se stessa, sempre violenta ed aggressiva. La cosa che lascia perplessi è che studiosi di fama internazionali come Bernard Lewis abbiano aderito a questa visione/pregiudizio, con tutto quello che ne deriva. Ad esempio che i musulmani emigrano per diffondere l’Islam in altri contesti o che bisogna sempre e comunque essere cauti e guardinghi con interlocutori musulmani, che hanno come scopo principale delle loro vite di diffondere l’Islam nel mondo. Questa teoria è stata definita come “Visione essenzialista dell’Islam”, nel senso che ridurrebbe un movimento religioso, politico e culturale ad una sorta di “essenza”, ad un’Idea platonica sempre uguale a se stessa, a prescindere dai tempi e dagli spazi in cui si realizza. Questa interpretazione è fuorviante, come tutte quelle che rappresentano l’Islam come un fenomeno unitario, con caratteristiche che costantemente si ripropongono. In realtà l’Islam che “ufficialmente” nasce con l’Egira, la migrazione di Muhammad ed i suoi seguaci da Mecca a Medina nel 622 d.C., quindi l’Islam , almeno secondo il nostro calendario, ha 1400 anni di vita. È una religione che si è diffusa, dopo la morte del Profeta, in tre continenti, dall’Estremo oriente al Portogallo, dal Nord Africa a varie parti dell’Europa. Nei diversi contesti geografici si è confrontata con le culture locali, riportandone influenze diverse. L’Islam diffuso in contesti sub-sahariani dove sono presenti forti componenti animiste e magiche nelle culture popolari non è lo stesso all’Islam diffuso nello Xijng Ian o in Albania. Allo stesso modo potremmo dire che l’Islam Sunnita non è omologabile all’Islam Sciita e che nei vari contesti dove l’Islam è diffuso ci sono state trasformazioni significative nel corso dei secoli. Senza considerare che le società islamiche che troviamo in vari continenti sono assai differenziate fra di loro, ma pure al loro interno. Un pastore afgano e una professoressa dell’Università di Tunisi, un commerciante del suk di Marrakech e un ingegnere albanese o un ragazzo nato a Parigi da genitori maghrebini sono tutti musulmani, ma non sono certo sovrapponibili e la stessa idea dell’Islam e della Sunna che hanno può essere assai diversa a seconda delle diverse tradizioni, contesti geografici e l’appartenenza sociale e culturale.

Introduzione elementare all’islam
“Oh Muhammad, dimmi che cos’è l’Islam”
I 5 “pilastri” ( arkan) della religione
«Un giorno, mentre eravamo seduti accanto al messaggero di Dio, ecco apparirci un uomo dagli abiti candidi e dai capelli di un nero intenso; su di lui non traspariva traccia di viaggio, ma nessuno di noi lo conosceva. Si sedette di fronte al Profeta, mise le ginocchia contro le sue e poggiando le palme delle mani sulle cosce gli disse “Oh Muhammad, dimmi che cos’è l’islâm”. Il Messaggero di Dio disse “l’ islâm è che tu testimoni che non c’è altro dio che Allâh e che Muhammad è il Messaggero di Dio; che tu compia la preghiera rituale, versi la zakàt [elemosina legale], digiuni nel mese di Ramadan e faccia il pellegrinaggio alla Casa [la sacra moschea di Mecca], se ne ha la possibilità”. “Tu dici il vero!” disse l’uomo. Ci sorprese che fosse lui ad interrogare il Profeta ed approvarlo. L’uomo chiese allora : “dimmi cos’è l’iman [la fede]”. Il Profeta rispose: “è che tu creda in Dio, nei sui angeli, nei suoi Libri, nei suoi Messaggeri e nell’Ultimo Giorno, e che tu creda nel decreto divino, sia nel bene che nel male”. “Tu dici il vero!”, replicò l’uomo che riprese dicendo: “dimmi che cos’è l’hisan [retto comportamento]”. Egli rispose: “è che tu adori Dio come se lo vedessi; perché, se tu non lo vedi, certamente egli ti vede”. L’uomo disse: “dimmi che cos’è l’Ora [del giudizio finale]”. Il Profeta rispose: “l’interrogato non ne sa più di chi lo interroga”. […] Dopodiché l’uomo sparì ed io rimasi solo. Allora il Profeta mi chiese: “Omar, sai tu chi mi ha interrogato?” Io risposi: “Dio e il suo Messaggero ne sanno di più”. “Era Gabriele”, disse, “che è venuto per insegnarvi la vostra religione”».

Quello appena riportato è uno dei più celebri hadìth (tradizione giuridica di un episodio che riguarda il Profeta Muhammad o l’Islàm) in cui è descritta la quintessenza dell’Islàm. I cinque pilastri della religione, innanzitutto, cioè i precetti e le pratiche alla base dell’Islàm, che sono:

  1.  la professione di fede (shahàda)
    2.    la zakàt(elemosina legale)
    3.    la preghiera rituale (salàt)
    4.    il digiuno del mese lunare (sawm Ramadan)
    5.   il pellegrinaggio a Mecca e dintorni (haģģ)

Per retto comportamento si intende, innanzitutto, la pratica dei cinque pilastri della fede.

La Shahada è la professione di fede che consiste, appunto, nell’accettare i due postulati della stessa: “non c’è Dio al di fuori di Dio e Muhammad è il Suo Profeta!”. Dio è unico, assoluto, creatore dell’universo e dell’uomo, del tempo e dello spazio. È eterno e non può essere classificato ed indagato con le limitate categorie umane. Quello che Dio è, e vuole, è fissato da Lui stesso, ed è espresso attraverso la Rivelazione raccolta nel Corano, non grazie alla speculazione umana. La seconda parte della Shahada attesta che Muhammad è l’ultimo e, per questo, il più importante dei profeti. Con lui finisce la trasmissione della rivelazione. Se una persona vuole convertirsi all’Islàm, deve pronunciare la Shahada davanti a due testimoni musulmani. Da quel momento è considerato lui stesso un musulmano, con tutti i doveri che ne conseguono.

Il secondo dovere è la preghiera (salàt) recitata cinque volte al giorno. Esiste una preghiera notturna dopo il tramonto ed una preghiera che si fa al sorgere del giorno. La preghiera può essere svolta da soli o insieme ad altri. Il venerdì è il giorno della preghiera comunitaria che si svolge di preferenza nella moschea. Si prega sempre rivolti verso Mecca, verso il santuario della Kaaba.Il terzo dovere è la zakàt, l’elemosina a cui ogni musulmano è tenuto. Si tratta di fatto di un’imposta che viene redistribuita ai più bisognosi. Il quarto dovere è il digiuno, il sawm, che si deve praticare dall’alba al tramonto nel nono mese lunare di ramadan. In questo periodo è vietato oltre al mangiare e al bere, anche fumare, profumarsi e avere rapporti sessuali, sempre durante il dì. Sono esentati dal digiuno i malati, i bambini, le donne incinte, gli anziani, le persone in viaggio. Nel mese del ramadan si commemora la discesa della rivelazione su Muhammad. È una festa religiosa importante dell’Islam (la principale è quella del “Giorno del sacrificio”, nel corso del mese in cui ha luogo il haģģ), che coinvolge ben più di un miliardo di musulmani in tutte le parti del mondo.
Il quinto dovere di ogni musulmano è fare il pellegrinaggio (haģģ), almeno una volta nella vita, alla “Casa santa”, alla Kaaba, al santuario di Mecca. È un dovere per chi ne abbia le possibilità dal punto di vista finanziario e si trovi in buona salute In quest’ultimo caso, se impossibilitati da malattia, si può delegare un altro che farà il pellegrinaggio per proprio conto.

Come più volte ricordato, l’Islam è una religione monoteistica rivelata attraverso un profeta, un Inviato di Dio. La rivelazione è stata raccolta, dopo la morte di Muhammad, in un testo che è il Corano, come pure la raccolta degli hadith, dei racconti di episodi della vita del Profeta è il miglior esempio del comportamento che ogni musulmano dovrebbe tenere e, per un altro verso, la migliore interpretazione di quanto la rivelazione prescrive.

 

Corano
L’Islam è una religione rivelata, trasmessa da Dio all’uomo attraverso una serie di inviati (rasul Allah) e di Profeti (Nabi). Questa rivelazione ha avuto inizio con Abramo (“l’amico di Dio”) ed ha avuto termine con Muhammad, che perciò viene chiamato anche “il sigillo della profezia”. La rivelazione, nel corso del tempo, è stata raccolta in alcuni testi sacri, come la Torah ed il Vangelo (nel Corano è citato sempre al singolare). L’ultimo testo che raccoglie la rivelazione e la completa, è il Corano. Il nome deriva dall’arabo Al-quran, “da recitare, da leggere”.
I musulmani, però, di fatto, lo considerano l’unico testo sacro di riferimento perché le precedenti rivelazioni indirizzate agli ebrei ed ai cristiani, con i loro rispettivi testi sacri (Vangelo, Torah) sono ritenute alterate, corrotte, in alcune parti fondamentali. Ad esempio, i musulmani sostengono che tanto gli ebrei che i cristiani hanno espunto dai testi sacri tutti i passaggi in cui si annunciava la venuta di Muhammad. Per questo i musulmani, anche quando si riferiscono a Profeti come Abramo, Mosè o Gesù, hanno come unica fonte il Corano.  Il Corano contiene la rivelazione fatta  a più riprese da Allah a Maometto, in lingua araba, attraverso l’angelo Gabriele, nel periodo compreso tra il 610 e 632 d.C.

Il 20 luglio del 610 è una data molto importante per i musulmani che chiamano “la notte del destino”, perché a Muhammad, che si era ritirato in meditazione presso una notte del monte Hira, apparve l’angelo Gabriele che gli disse che era stato il prescelto da Dio, che Dio lo aveva voluto come suo inviato per portare agli uomini la sua parola, la rivelazione. Il 632 è l’anno in cui Muhammad morì. Per un periodo di circa ventidue anni, a parte una breve interruzione, Muhammad ricevette una serie di rivelazioni divine attraverso Gibril (il nome arabo di Gabriele) e in sogno.

 

 

 

 

 

 

 

Alla sua morte si cominciò l’opera di raccolta di quei testi che in buona parte erano tramandati e recitati a memoria dai primi seguaci e discepoli del Profeta e che solo in minima parte erano stati raccolti in forma di scrittura. L’edizione definitiva del Corano fu stabilita dal terzo Califfo dell’Islam, Uthman, dopo circa vent’anni dalla morte del Profeta. Il Corano è diviso in capitoli (sure) ed in versetti (ayat).
Il Corano è composto da 114 sure, ordinate secondo un criterio di lunghezza decrescente, a partire dalla seconda. La Sura più lunga è composta da 286 versetti, la più breve da tre. Ogni Sura ha un titolo ed un numero, il primo, in genere, si riferisce al principale argomento trattato, il secondo dalla sua collocazione. I versetti del Corano si citano facendo riferimento al testo , poi alla Sura, poi al, o ai, versetti.
Se, ad esempio, si legge questa citazione: Corano, III:2-3 ci si riferisce a questo passo: “Dio! Non c’è altro Dio che Lui, il Vivente, che di sé vive. Egli ti ha rivelato il Libro, con la verità, confermante ciò che fu rivelato prima e ha rivelato la Torah ed il Vangelo”. Ci si riferisce alla Sura numero 3 che ha per titolo “la Sura della famiglia di Imran”. Quest’ultimo è un personaggio biblico (il padre di Mosè e Aronne) citato appunto in questo capitolo del Corano. È una Sura  medinese di duecento versetti; significa che è stata rivelata nel suo intero nel periodo in cui Muhammad si era trasferito a Medina. Ogni Sura si compone di versetti rivelati nel periodo in cui Muhammad viveva a Mecca (fino al 622), oppure di versetti medinesi rivelati negli ultimi dieci anni della sua vita. Molte Sure, però, sono composte tanto da versetti meccani che medinesi. Non c’è nessun ordine cronologico ma solo tematico, in pratica in ogni Sura sono raccolti versetti che riguardano la stessa materia. Il Corano è considerato un testo sacro nel quale è raccolta tutta la rivelazione, cioè la parola che Dio rivolge agli uomini. Ogni musulmano ha la sua formazione attraverso lo studio e la lettura i del Corano, apprendendo spesso a memoria buona parte dei testi che vi sono riportati. Il Corano è trattato con particolare riguardo, spesso rilegato, conservato nelle parti più alte della biblioteca, manipolato con reverenza e con mani pulite.

La Sunna
Se nel Corano è raccolta la rivelazione, gli hadith sono alla base della Sunna, cioè dell’insegnamento che si può ricavare dalla vita e dalle azioni del Profeta. L’hadith è un racconto nel quale, attraverso una catena di testimoni, si risale ad un comportamento del Profeta dal quale è possibile trarre un insegnamento; un atto, un gesto, un’affermazione, persino un silenzio dal quale è possibile dedurre una manifestazione del suo pensiero, della sua volontà. Gli hadith furono raccolti da una serie di personaggi diversi dopo la morte del Profeta. Le raccolte più famose sono sei; la più prestigiosa delle quali, ritenuta la più attendibile, è quella di al Bukhari, e, quasi sullo stesso piano, quella di Muslim. Importante è la raccolta di an-Nàwawi, non ampia come le prime due. Attraverso gli hadith ci si può riferire a moltissime tematiche, sia di ambito pubblico che privato. L’importanza degli hadith risiede nel fatto che Muhammad è considerato dai musulmani come l’esempio per eccellenza del perfetto credente e, come è detto nel Corano, “il migliore degli uomini”, o l’uomo perfetto (insàn kàmil). In altre parole, Muhammad è considerato il miglior interprete della rivelazione e l’esempio da imitare per tutti i musulmani. Quindi, spesso, ci si riferisce agli hadith su tematiche poco trattate o sviluppate in modo poco chiaro nel Corano. Gli hadith sono, con il Corano, la principale fonte della Sharia cioè della Legge sacra, a cui bisogna riferirsi per comportarsi in modo conforme alla volontà di Dio. L’aspetto problematico degli hadith è la loro attendibilità. Infatti, nel corso dei secoli, c’è stata una ininterrotta produzione di hadith per giustificare questa o quella scelta o questo o quel comportamento. Un altro aspetto problematico è connesso al fatto che spesso si sono “integrati” o addirittura trasformati alcuni precetti coranici (cioè la volontà e la parola di Dio) con degli hadith di problematica interpretazione. In base a degli hadith, ad esempio, si giustifica la lapidazione degli adulteri o degli apostati, di cui non c’è nessuna traccia nel Corano.

Glossario

Ansàr
Ausiliari. Così venivano chiamati gli abitanti di Medina che si convertirono all’Islam e combatterono sotto la guida del Profeta.

Aya (pl. Ayàt)
Sono i versetti che compongono i capitoli (Sure) del Corano.

Gibril
L’angelo Gabriele che compare a Muhammad sul monte Hira, in una caverna, dove il futuro profeta si ritirava in meditazione. Gli annuncia che Dio l’ha scelto come Suo inviato (Rasul)

Jihàd
Significa “sforzo” verso un scopo, cioè per la diffusione della fede. Esiste il “grande Jihad”, cioè la lotta contro il male che si trova in noi stessi, per la nostra purificazione spirituale, e “il piccolo Jihad”, contro i nemici della fede, che può avere una valenza difensiva – in questo caso obbligatorio per tutto i credenti – oppure una dimensione offensiva.

Hadìth
Racconto giuridicamente rilevante che descrive azioni, fatti, discorsi del Profeta. L’insieme degli hadith compone la Sunna, la tradizione fonte del diritto e regola di vita, seconda solo al Corano.

Haģģ
Pellegrinaggio canonico (obbligatorio) a Mecca: uno dei cinque pilastri della fede.

Hanìf
Sinonimo di monoteista, non appartenente però a nessuna religione storica. Abramo fu considerato un Hanif, un monoteista, ancor prima di essere ebreo.

Hiģra
In italiano Ègira, rappresenta il trasferimento (emigrazione) da Mecca a Medina. Sta ad indicare la rescissione dei legami tribali e di sangue, per il prevalere dei vincoli spirituali fondati sull’appartenenza all’Islam. Dal 622, data dell’Hiģra, ha inizio il calendario islamico. La tradizione musulmana fa cominciare il primo anno dell’Egira il 16 luglio, cioè il primo giorno dell’anno lunare, e non il 24 settembre quando Muhammad raggiunge l’oasi di Yathrib, che sarà poi chiamata Medina.

Islàm
Significa sottomissione alla volontà di Dio; si identifica con il monoteismo. L’Ebraismo ed il Cristianesimo sono considerati come le prime due “fasi” dell’Islam.

Kàfir (pl. Kafirùn)
È sinonimo di infedele, termine con cui furono chiamati i politeisti meccani che rifiutarono di convertirsi all’Islam. Nel corso dei secoli con il termine di infedeli furono definiti anche i cristiani ed in genere i non musulmani e persino quelli considerati musulmani non ortodossi ed eretici. Alcuni sunniti radicali ritengono (in spregio alla tradizione) gli sciiti dei Kafirùn perché avrebbero adottato “innovazioni”, cioè pratiche non ortodosse.

Màsģid
Moschea. È il luogo dove i musulmani pregano; anche realtà non costruite per questo scopo, ad esempio piazze, larghi, abitazioni, negozi, garage, ecc., possono essere usati a tal fine. Naturalmente anche spazi aperti come prati o luoghi desertici.

Mihràb
Nicchia collocata sulla parete della moschea orientata verso la qibla, cioè in direzione di Mecca.

Mìnbar
Pulpito della moschea dal quale l’imam che conduce la preghiera comunitaria pronuncia la sua allocuzione.

Muezzin
Colui  che chiama i fedeli alla preghiera cinque volte al giorno. In quasi tutte le mosche oggi esistono  altoparlanti che diffondono dei richiami preregistrati.

Munafiqùn (pl. Munafiqùn)
Alla lettera “ipocrita”, sinonimo di falso credente, termine con il quale nel Corano si indicano gli abitanti di Medina, che facevano finta di convertirsi all’Islam ma in più di un’occasione si rivelarono infidi alleati del Profeta.

Nabi
Significa Profeta (legislatore). Muhammad viene citato nel Corano come Profeta o Rasùl Allah, cioè “Inviato di Dio”.

Qur’àn
Corano. Alla lettera “recitazione”. Il Corano infatti viene recitato, salmodiato ed il fedele devoto spesso lo impara a memoria. Lo studio del Corano inizia da bambini e i passi del Corano vanno recitati in arabo, “lingua sacra”. Per questo motivo è considerato atto devozionale per un non arabo apprendere l’arabo della ritualità.

Ramadan
Nono mese del calendario lunare, dedicato al digiuno ed alla preghiera.

Salàt
Preghiera canonica: uno dei pilastri dell’Islam.

Sawm
Digiuno canonico: un altro pilastro dell’Islam.

Sciita
Partigiano di Alì. Dopo i sunniti, gli sciiti sono la seconda rilevante componente dell’Islam, circa il 20%. Maggioritari in Iran, Iraq, Libano, Yemen, Bahrein.

Shahada
Professione di fede. È la formula con la quale si definiscono i due precetti essenziali dell’Islam. Monoteismo rivelato attraverso profeti. La formula della Shahada è la seguente: “non c’è Dio al di fuori di Dio e Muhammad è il Suo profeta”.

Shahìd
Martire, testimone di Dio. Colui che offre la propria vita per testimoniare la fede, non necessariamente sul campo di battaglia.

Sura
Capitolo del Corano, testo che contiene 114 Sure che raccolgono versetti rivelati tanto a Mecca che a Medina.

Sunna
Insieme degli hadith (tradizioni giuridicamente rilevanti). La più importante è quella relativa a Maometto, ma la Sunna può riguardare anche le generazioni successive a lui.

Umma
Comunità dei credenti; con questo termine si intende l’insieme dei musulmani.

Zakàt
Imposta canonica, decima: uno dei cinque pilastri dell’Islam.

Bibliografia

Introduzione bibliografica elementare all’Islam

Sull’Islam, inteso non solo come religione ma visto pure come un’ortoprassi ‒ un modo di vivere di tutti i giorni ‒ una civiltà, una Weltanschauung, una visione del mondo che abbraccia pressoché tutte le sfere della vita umana “dalla culla alla tomba”, esiste una serie sterminata di studi e di letteratura varia ed ogni giorno ricerche e pubblicazioni si aggiungono a quanto esiste. Quella che segue è un’introduzione bibliografica assai ridotta che riguarda aspetti fondamentali, potremmo dire “costitutivi” dell’Islam, soprattutto secondo la prospettiva religiosa e storica.

La selezione è stata fatta tenendo presente i destinatari: un pubblico italiano, poco informato sui temi, che voglia approfondire uno o più aspetti essenziali dell’Islam. Quindi testi in italiano o tradotti in italiano, che aiutino a capire aspetti insieme iniziali ed essenziali dell’Islam.

Alla base dell’Islam c’è la rivelazione ed il suo tramite, il profeta Muhammad. La rivelazione è raccolta nel Corano; la migliore traduzione resta (non solo nella considerazione di chi scrive) quella di Alessandro Bausani, edita da Sansoni e poi dalla BUR, di cui è in gran parte attuale il ricco ed erudito apparato di note. Apprezzabile anche la recente edizione a cura di A. Ventura, Corano, Mondadori, collana Islamica. Per un’introduzione e un commento al libro sacro dell’Islam, si veda H. Cook, Il Corano, Einaudi e P. Branca, Corano, Il Mulino. Si veda pure il recente Dizionario enciclopedico del Corano di M. Chebel, Argo. Assai utile per una rapida ma efficace e non superficiale consultazione può essere la Enciclopedia dell’Islam, edita da Brill, che esiste in versione inglese e francese. Si possono ricercare le voci più diverse che riguardano personaggi noti dell’Islam, a partire dal suo Profeta Muhammad e dalle sue donne, oppure i primi Califfi e le persone che ebbero un ruolo nel primo Islam, come pure luoghi, eventi ed elementi dottrinali dell’Islam, senza considerare i Profeti alla base dell’Islam, figure come Abramo, Mosè e Gesù.

Sulla vita di Muhammad, Profeta dell’Islam, rinvio innanzitutto a testi che si riferiscono essenzialmente alle fonti più antiche e alla tradizione: Vite antiche di Maometto (a cura di M. Lacker e R. Tottoli), Mondadori, coll. Islamica e M. Lings, Il profeta Muhammad, Leone Verde. Maometto il profeta dell’Islam, Universale Electa-Gallimard, P. Henry Delaporte, Vita di Maometto Profeta dell’Islam, Luni Editore. Tra i testi più conosciuti, M. Rodinson, Maometto, Einaudi, e Maometto, di Claudio Lo Jacono, Laterza, utile anche per l’inquadramento storico dei primi due capitoli (“La penisola arabica e Muhammad” e “Il confronto con il politeismo”), inquadramento storico / geografico essenziale per comprendere aspetti importanti del primo Islam e non solo. Il tema de “Le religioni dell’Arabia preislamica e Muhammad” è ripreso pure da Claudio Lo Jacono nel primo capitolo del volume Islam a cura di G. Filoramo, Laterza. La raccolta di hadith più nota è quella di al-Bukhàri, che si può leggere in italiano con il titolo Detti e fatti del profeta dell’Islam, a cura di V. Vacca, S. Noja e M. Vallaro, edita da UTET. In italiano è anche disponibile un’altra celebre raccolta, quella di al-Nawawi (trad. di A. Scarabel), con il titolo Il giardino dei Devoti. Detti e fatti del Profeta, Società Italiana Testi Islamici.

Fra i molti testi sull’Islam disponibili, segnalo solo alcuni “classici”, o comunque testi noti: A Bausani, L’Islam. Una religione, un’etica, una prassi politica, Garzanti; W. Montgomery Watt, A. T. Welch, L’islam. Maometto e il Corano, Jaca Book e, dello stesso Watt, Breve storia dell’Islam, il Mulino; di C. Lo Jacono, Storia del mondo islamico (VII-XVI secolo). Il vicino Oriente, Einaudi, che a partire dalla predicazione di Muhammad arriva alla fine del califfato arabo con la caduta di Baghdad e l’uccisione del califfo al-Mustasim.Pier Giovanni Donini, Il mondo islamico, breve storia dal cinquecento ad oggi, Laterza.Assai utili anche i tre volumi di Ira M. Lapidus, Storia delle società islamiche, Einaudi, per comprendere la nascita e la diffusione dell’Islam.Si ricorda pure il già citato Islam, a cura di G. Filoramo, Laterza; B. Lewis, Gli Arabi nella storia, Laterza; A, Hourani, Storia dei popoli arabi, Mondadori.

Molteplici sono pure gli studi sui rapporti tra l’Islam e le altre due “religioni del libro”, Ebraismo e Cristianesimo. Si veda, ad esempio, B. Lewis, Semiti e antisemiti. Indagine su un conflitto e un pregiudizio,  il Mulino, in buona parte dedicato ai rapporti tra mondo arabo ed ebrei; J Bouman, Il Corano e gli Ebrei. Storia di una tragedia, Queriniana; W. Montgomery Walt, Cristiani e Musulmani, il Mulino, C. M. Guzzetti, Bibbia e Corano, confronto sinottico, San Paolo Editore, J.Gnilka, Bibbia e Corano, Cosa li unisce, cosa li divide, Ancora. Una sintesi articolata ed efficace della polemistica islamo-cristiana medievale, che privilegiale fonti bizantine e latine, è quella di D. Fabrizio, Il profeta dalla discordia. Maometto e la polemistica Islamo-cristiana medievale, Ancora. Interessante il libro Storici arabi delle crociate, edito da Einaudi e curato da Francesco Gabrieli, uno dei maggiori arabisti del Novecento.

Sul diritto islamico, Introduzione al diritto musulmano di J. Schacht, edito in italiano dalla Fondazione Giovanni Agnelli; F. Castro, Diritto Musulmano, UTET; A. Cilardo, Teorie sulle origini del diritto islamico, Istituto per l’Oriente C. A. Nallino; G. Vercellin; Istituzioni del mondo musulmano, Einaudi, con un taglio socio-politico.Per un confronto tra sharia e altri diritti, H. P. Glenn,Tradizioni giuridiche nel mondo, il Mulino e L’islam e il dibattito sui diritti dell’uomo, a cura di A. Pacini, Edizioni Fondazione Agnelli. Diritto ereditario islamico delle scuole giuridiche ismailita e imamita. Casistica, Istituto per l’Oriente – Istituto Universitario Orientale, Roma-Napoli 1993, 275 pp.Diritto ereditario islamico delle scuole giuridiche sunnite (hanafita, malikita, shafi‘ita e hanbalita) e delle scuole giuridiche zaydita, zahirita e ibadita. Casistica, Istituto per l’Oriente – Istituto Universitario Orientale, Roma-Napoli 1994, 701 pp.Il diritto islamico e il sistema giuridico italiano. Le bozze di intesa tra la Repubblica Italiana e le Associazioni islamiche italiane. Presentazione di M. Borrmans, Introduzione di L. Musselli, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2002, 384 pp.Agostino Cilardo – Francesco Mennillo, Due sistemi a confronto. La famiglia nell’islam e nel diritto canonico, a cura di A. Cilardo, CEDAM, Padova 2009, 276 pp. La tutela dei minori di cultura islamica nell’area mediterranea. Aspetti sociali, giuridici e medici (Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, Facoltà di Studi Arabo-Islamici e del Mediterraneo, Dipartimento di Studi e Ricerche su Africa e Paesi Arabi, Napoli, 28-29 ottobre 2009), Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2011

 

Sull’Islam politico si veda B. Lewis, Il linguaggio politico dell’Islam, Laterza e gli studi di M. Campanini, Islam e politica e Ideologia e politica dell’Islam, entrambi editi da il Mulino.Sull’Islam radicale e fondamentalista, Al-Qaeda. I testi, presentati da Gilles Kepel, I fratelli musulmani nel mondo contemporaneo, a cura di M. Campanini e K. Mezran, UTET. Sempre di M. Campanini il recente L’alternativa islamica, Mondadori.

Sul tema islam-democrazia si potrebbe dire, parafrasando una considerazione di Hegel, che “ciò di cui si discute molto, spesso non è conosciuto”. Di fatto soprattutto in italiano non esistono studi approfonditi ma neanche metodologicamente apprezzabili. Ad esempio il libro di R. Guolo L’islam è compatibile con la democrazia?, Laterza, già dal titolo mostra che il fine dello studio è verificare la “compatibilità” dell’Islam alla democrazia (e perché non il contrario, verrebbe da chiedere?), cioè l’adeguatezza del primo alla seconda, in base ad una relazione gerarchica e asimmetrica, a partire dalla quale appare difficile, se non impossibile, instaurare un confronto ed un dialogo. Oppure si veda il testo di Fatima Mernissi, L’islam e la democrazia. La paura della modernità, Giunti, che sottolinea soprattutto l’estraneità ad alcune categorie della democrazia come la libertà all’Islam: “[L’Islam concede] pace in cambio di libertà, rahuma, in cambio di shirk” e ricorda che “non abbiamo una parola araba per la democrazia; usiamo la parola greca, dimuqratiyya”, dimenticando che anche noi europei non abbiamo una parola latina, neo-latina, inglese o russa per designare il termine ed usiamo quello greco di democrazia.
Nel 2007 è uscito un fascicolo della rivista dell’Istituto per l’Oriente Carlo Alfonso Nallino, il semestrale “Oriente Moderno” (LXXXVII/2007, n. 2), dedicato al tema “Islams and Democracies”, in cui  i contributi sono in inglese. Sul Jihad è utile la lettura del bel libro di David Cook, Storia del jihad. Da Maometto ai nostri giorni, Einaudi.

Sulla presenza dei musulmani in Italia e sulle caratteristiche di questa presenza, all’interno della più generale questione dell’immigrazione, si veda il Dossier statistico sull’Immigrazione 2021, Rapporto UNAR ( Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), Centro studi e ricerche Idos.

L’’islam oggi. Cura della traduzione italiana del volume Der Islam in der Gegenwart, Edizioni Dehoniane, Bologna 1993, 1051 pp. (ristampa, 2004)I. Goldziher, Lezioni sull’’islam. Trad. e cura di Vorlesungen über den Islam, con note integrative e aggiuntive. Introduzione di B. Lewis. Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2000, 397 pp.

L’Islam e le donne è un tema che spesso coinvolge studentesse e studenti, un tema complesso che va studiato essenzialmente in riferimento alla vita del Profeta e al Corano, dove si trovano riferimenti significativi alla condizione delle donne e alla nuova normativa di diritto familiare, matrimonio, eredità, ecc. della donna nell’Islam. Possono essere utili le voci dell’Enciclopedia dell’Islam delle donne importanti della vita del Profeta come la mamma. La nutrice, la prima moglie, le altre mogli. Alcune indicazioni bibliografiche: Fatima Mernissi, Donne del Profeta, ECIG, Annemarie Schimmel, La mia anima è una donna, ECIG , Fatema Mernissi, L’harem e l’Occidente, Giunti, G. Vercellin, Tra veli e turbanti, Marsilio

 

Storia dei paesi islamici : indicazioni ai tesisti

Questa parte della sezione Islamica è dedicata in particolare agli studenti del corso di STORIA DEI PAESI ISLAMICI che sono interessati a svolgere una tesi nella materia che insegno. Di seguito elenco una serie di condizioni che devono essere soddisfatte per ottenere la tesi e le modalità per la sua elaborazione.

  • Lo studente deve aver sostenuto tutti gli esami del Corso, comunque deve essere in grado di potere cominciare a raccogliere i materiali e a studiare. Quindi si invitano gli studenti che devono ancora sostenere diversi esami ad astenersi dal “prenotare” la tesi.
  • Il lavoro di tesi per un corso di laurea magistrale deve essere diviso in almeno 3 capitoli di almeno 3/4 paragrafi, essere preceduto da una introduzione e finire con la bibliografia dei materiali citati e consultati: monografie, articoli in rivista, voci enciclopediche, siti web. Le citazioni tratte dai siti web non possono superare il 20% dei materiali citati. Inoltre, i siti consultati devono essere di sicura affidabilità scientifica, cioè essere espressione di enti scientifici, universitari ed editoriali  conosciuti e affidabili. Questo vale, naturalmente, anche per i libri e l’altro materiale. In caso di dubbio ci si rivolga al docente.  La tesi deve avere una lunghezza complessiva conforme alle indicazioni della Facoltà. Comunque una tesi magistrale non può essere inferiore alle 80/90 pagine. Una pagina deve avere almeno quattromila  battute spazi inclusi.
  • I tempi necessari per la raccolta dei materiali, la loro consultazione, la progettazione dell’indice, la stesura dei vari capitoli, le correzioni da apportare e la stesura definitiva non potranno essere inferiori ai 4/5 mesi. Sono tempi tecnici, “fisici”, nel senso che il tesista dovrà leggere almeno 8/10 monografie, qualche articolo di rivista, voci enciclopediche, ecc., materiali che andranno ricercati e consultati, senza considerare la stesura della tesi che può richiedere correzioni ed integrazioni.
  • La scelta dell’argomento della tesi. Di concerto con il docente va scelto un argomento circoscritto. In altri termini vanno evitate tematiche articolate e complesse, che ad esempio vogliano affrontare questioni che abbracciano vari contesti geografici e storici. Molti studenti, ad esempio, chiedono di poter svolgere una tesi su “Il terrorismo islamico” o “Il jihad nel contesto contemporaneo”. Questo argomento è vastissimo, riguarda almeno una ventina di organizzazioni diffuse in tre continenti, implica poi la conoscenza dei diversi contesti territoriali e politici e, per giunta, buona parte dei materiali (Riviste, bollettini, siti web, ecc.) sono in arabo. Il tema deve essere circoscritto e riferirsi a questioni ed aspetti che sono alla base dell’Islam, ad esempio: “La vita del Profeta e la nascita dell’Islam”; “Le donne del Profeta”; “I cinque pilastri dell’Islam”; “I rapporti del Profeta con gli ebrei e il Cristianesimo”. Si ricorda agli interessati che Storia dei Paesi Islamici è l’unica materia del corso che affronta la tematica dell’Islam; pertanto gli studenti che vogliono fare una tesi nella materia sono sprovvisti di strumenti linguistici e cognitivi sul tema. Qualunque sia il tema scelto, sarà comunque necessario uno studio preliminare sulla vita del Profeta e sui fondamenti dell’Islam. È impensabile fare una tesi su un aspetto dell’Islam, ad esempio “Le donne nel Corano”, senza conoscere le basi dell’Islam. Per basi dell’Islam si intende la vita del Profeta, la sua predicazione nel periodo meccano e medinese, gli eventi più importanti della sua vita, i principi dottrinali dell’Islam, i suoi rapporti con i politeisti meccani e con le altre religioni abramitiche, il Corano. Questi argomenti dovranno essere alla base della tesi, quale essa sia.
  • Procedure per l’elaborazione e la stesura della tesi. Lo studente deve attenersi strettamente a queste procedure, per evitare perdite di tempo facendo attività inutili e/o improduttive. Innanzitutto deve raccogliere i materiali utili. In prima istanza i testi che permettono una conoscenza di base dell’Islam, cioè almeno 3 o 4 biografie del Profeta, alcuni testi sulla nascita dell’Islam e sulle sue principali caratteristiche. Tutti questi materiali sono rinvenibili nella sezione Bibliografia che si trova più sopra, ma possono essere integrate da altri materiali rinvenuti dallo studente, ad esempio voci di enciclopedia. Queste prime letture vanno integrate con altre che si riferiscono al tema specifico della tesi, seguendo le indicazioni del docente. Il materiale raccolto va studiato attentamente. Solo allora lo studente potrà leggere il Corano, incomprensibile a chi non abbia una conoscenza di base della vita e delle vicende del Profeta. Si consiglia la traduzione del Corano curata da Alessandro Bausani, edita dalla BUR o quella curata da Tottoli per Adelphi. A questo punto lo studente, sempre seguendo le indicazioni del docente, dovrà fare un indice di massima dei capitoli e dei paragrafi della tesi, riportando l’elenco di tutti i materiali studiati. Se  tale indice sarà approvato dal docente, sempre su indicazione dello stesso, si procederà con la stesura del primo capitolo, che dovrà essere inviato al docente. Se approvato da quest’ultimo si provvederà alla stesura del secondo, altrimenti si dovranno apportare le integrazioni e le correzioni necessarie. Allo stesso modo si procederà per gli altri capitoli.
  • Modalità per la scrittura della tesi e per le note. Come su ricordato la tesi dovrà essere lunga almeno 80/90 pagine, secondo le indicazioni della Facoltà. Dovrà essere divisa in capitoli e paragrafi, con un’introduzione e una bibliografia finale. Nella tesi dovrà esserci un apparato di note. Questa procedura dovrebbe essere del tutto scontata, ma non sono pochi gli studenti che presentano una tesi senza note. La citazione di libri in nota si rende necessaria quando nella tesi si riportano brani tratti da libri che, appunto, vanno riportati in nota, con l’indicazione della pagine da cui viene tratta la citazione. Una nota può avere anche un’altra funzione: si cita una tesi o un punto di vista di uno studioso con le proprie parole, ma si riporta il testo e le pagine dove l’autore citato esprime le sue considerazioni. Oppure, semplicemente, si cita uno studio che tratta in modo convincente degli argomenti di cui si parla nel testo. Un testo va citato in questo modo. Va riportato il nome e il cognome dell’autore, il titolo del libro in corsivo, l’editore , l’anno dell’edizione e la pagina dove si trova il testo citato o a cui ci si riferisce, ad esempio: A. Bausani, L’Islam, BUR, 1995, p.121. Ogni volta che si cita di nuovo questo testo va evitato di ripetere l’editore e l’anno dell’edizione, in breve basta mettere autore, titolo del libro, la abbreviazione , che sta per citato e la pagina. Ad esempio se ricito il libro appena ricordato scriverò: A. Bausani, L’Islam, cit., pag. 156. Se una nota cita lo stesso testo della nota precedente, basterà scrivere Ivi, seguito dal diverso numero di pagina. Se alla nota numero quattro c’è la citazione A. Bausani, L’Islam, BUR, 1995, p.121 e alla nota seguente, la numero cinque, cito lo stesso libro, ma con riferimento ad un’altra pagina, ad esempio la pag. 21, scriverò Ivi, p.21 , che significherà: stesso libro (Ivi), ma con riferimento ad una pagina diversa, la 21 appunto. La tesi una volta finita sarà sottoposta ad un test antiplagio su www.noplagio.it. Quelli che hanno copiato, e purtroppo non sono pochi, non potranno laurearsi prima di aver tolto le parti copiate e averle sostituite con parti non copiate. Nel corso degli anni ne ho viste di tutti i colori: copioni giurare sui propri figli di non aver copiato; studenti che hanno copiato tesine on line svolte in classi di liceo, ecc. Recentemente una signora infastidita dai miei avvertimenti mi ha apostrofato in questi termini: “Professore, lei mi offende, io sono una madre di famiglia, non una ragazzina che copia”. Dal sito antiplagio risultò che la “madre di famiglia” aveva copiato il 40% del suo elaborato. Non perdete tempo a copiare, per favore. “Lavoro” che sarebbe del tutto inutile.

 

Materiali prof. Enrico Ferri

In questa sezione è possibile scaricare testi e articoli pubblicati on line, utili all’approfondimento dei temi trattati

Leda Rafanelli: un anarchismo islamico?

tratto da: Tigor: rivista di scienze della comunicazione – A.IV (2012) n.2 (luglio-dicembre)

leda_rafanelli

 

Islams y Occidentes: Límites de la interpretación esencialista.

tratto da: DERECHOS Y LIBERTADES Número 31, Época II, junio 2014

Islam y Occidentes